Sai, quello che spesso non comprendo, quando mi trovo a sperimentare qualche nuovo servizio su web, è come si possa passar sopra con così tanta semplicità all’esperienza finale dell’utente.
Voglio dire, ogni giorno sentiamo di nuovi lanci di prodotti, startup e servizi che dovrebbero cambiare il nostro modo di intendere “un qualcosa”. Ci esaltiamo. Magari ci lasciamo persino convincere da qualche spudoratissima call-to-action.
Poi, quando finalmente decidiamo di concedervi i nostri preziosissimi minuti di vero interesse, veniamo quasi considerati terzi incomodi tra gli sviluppatori e la loro idealizzata creazione.
Tutti vogliono sentirsi speciali.
Non è così?
Anche chi non lo ammetterà mai apertamente cerca costantemente di dirigere i propri interessi e le proprie attività laddove questi gli permettano un’esperienza positiva, gratificante. A nessuno piace dover usare un servizio, acquistare un prodotto o essere parte di un sistema dove si viene costantemente relegati a semplici numeri, etichettati come “il cliente” e dove soprattutto a nessuno sembra davvero importare del perché siamo qui.
Ciò che più conta, ciò che più spesso ci gratifica davvero quando troviamo un prodotto tagliato sulle nostre esigenze, è l’esperienza che questo prodotto genera in noi durante il suo utilizzo.
Non servono false promesse, serve empatia con il cliente. Gli americani usano il termine “Eat your own dog food” (ovvero: usa tu stesso i prodotti che vuoi vendere), per rinforzare questo concetto.
Non c’è “noi” e “loro”. Finché c’è “noi” (marketer) e “loro” (clienti da spremere) sarà sempre e solo una questione di prezzo, di strillate sulle call-to-action e di strategie per evitare che il colabrodo lasci scivolare via qualche altro cliente. È davvero ciò che vuoi?
Perché le persone sono disposte a pagare, pur di essere trattate con i guanti. Pur di avere qualcuno che capisca davvero la loro situazione e il problema che queste cercano di risolvere rivolgendosi proprio a te.
Tuttavia, ancora troppo spesso l’esperienza è quel quid che non viene valutato quando si compone l’idea. Senza un’adeguata cura verso l’esperienza finale percepita dal cliente, rimaniamo solo tante offerte indistinte e ugualmente incapaci di ascoltare.
Interessante l’articolo. Spesso non ci soffermiamo a riflettere su certi argomenti.
E già…veramente complimentoni per il blog…molto carino.
ti stringo la mano e mi piacerebbe poter approfondire questo tuo punto di vista!
anchio la penso cosi per certi aspetti!
da qualche parte avevo letto una frase che mi è rimasta in mente, diceva più o meno così: ” non vendermi cose ma emozioni”
Purtroppo qui da noi, a tutti i livelli, è considerato bravo, (e inconsciamante tutti si aspira a quello) chi riesce vendere condizionatori agli esquimesi.
Finalmente un bel post che inquadra il problema. La personalità e l’essere speciali. Tutti lo siamo, per un motivo o per l’altro. In questo caso si parla di lavoro ma potrebbe anche non esserlo, lo siamo per le nostre passioni, per i nostr “record”, per le nostre sfide quotidiane! Miglioriamo noi stessi, facciamo vedere quanto siamo speciali e quanto valiamo. Possiamo farlo, con i clienti così come ogni giorno mentre parliamo al bar o per strada!
Un saluto, bellissimo post!