Quella che segue è l’intervista che ho rivolto alcuni giorni fa a Antonio Parlato, co-founder di Spidwit.
Spidwit è un’applicazione web – una social media dashboard – pensata per chi gestisce le pagine social di attività commerciali, professionisti e brand. Cosa fa di diverso dalle altre? Suggerisce ogni giorno in specifici “hub” i migliori contenuti verticali: notizie, immagini a tema e citazioni “hand picked” e consente di condividerle facilmente o programmarne la pubblicazione in pochi click.
Si scrive spesso di come fare startup in Italia sia difficile: così, cosa c’è di meglio che farci raccontare un po’ di dietro le quinte? 😛
1. Le social media dashboard, sin dai tempi di TweetDeck, Hootsuite, Sproutsocial e simili non sono più un tema nuovo e il problema alla base è stato risolto in molti modi diversi. Come avete identificato una leva vincente per il vostro servizio?
Nella gran parte dei casi la funzione principale di questi strumenti è quella di facilitare la gestione delle pubblicazioni su molteplici pagine social.
Il baricentro di Spidwit è spostato sui contenuti e la possibilità di averne sempre nuovi senza sforzo, la capacità di conoscerne a priori il fattore di successo (like, commenti e condivisioni social) e la possibilità di avere piani di lavoro (o come li chiamiamo noi “hub”) su topic verticali.
È comodo avere ogni giorno argomenti nuovi da cui trarre ispirazione per il proprio settore, non dimenticando le altre facility come la possibilità di programmare i contenuti e analizzare le analitiche, ma anche fare bookmarking ed editare online le immagini suggerite dal motore.
2. Essere una startup profittevole è qualcosa che molti sognano e in pochi raggiungono: con il senno di poi, cos’ha fatto la differenza? Come avete capito come “ingranare la marcia” distribuendo energie tra lo sviluppo di nuove feature e la necessità di ricevere visibilità?
Quando si crea una startup l’ago della bussola spesso oscilla tra diversi nord:
- crescita
- profittabilità
- possibilità di fare “exit”
Tutte sono strettamente interconnesse, ma alla fine ci sono dei capisaldi che portano al successo o all’insuccesso di un progetto: l’idea, il team e l’esecuzione stanno alla base. Nell’idea includo anche il business model: se non è solido e non lo si testa mettendo subito in campo un “Minimum Viable Product“, il rischio è che l’idea sia bella ma non abbia mercato. Il team e l’esecuzione vanno di pari passo: le buone idee possono naufragare in mancanza di coesione, di impegno e di un piano preciso.
Infine, sviluppo e promozione sono due elementi imprescindibili. Il primo consente di avere un prodotto che possa competere sul mercato trovando sempre nuovi estimatori e mantenendo saldi gli attuali utilizzatori. L’ultimo anello, ma non ultimo per importanza è il marketing: la promozione consente di far brillare “lo scaffale virtuale” su cui sta il prodotto e si preoccupa della sua diffusione, un vero e proprio must.
3. Le metriche per una startup sono tutto: a quali state guardando?
Per un prodotto freemium il classico funnel segue il percorso che parte da un semplice visitatore e arriva a utente pagante, passando per un trial. Le metriche principali sono dunque quelle legate alle conversioni: da visitatore a utente free e da free a premium. Con un occhio, ovviamente, al numero di visitatori unici e al coefficiente di abbandono.
Abbiamo notato che il modo migliore per influire sulle metriche è quello di dare ascolto a chi ci utilizza: dalle richieste, dubbi e dal confronto nascono nuove idee che consentono di migliorare costantemente il prodotto.
4. C’è qualcosa che, semplicemente, nel tempo non ha funzionato – nel modello di business, nella comunicazione – e vi ha imposto di affinare il tiro?
Eh sì! 🙂 Inizialmente, tre anni fa circa, Spidwit è nato come un prodotto per il mercato consumer, un aggregatore di news provenienti dai social.
Ci siamo accorti che quel mercato stava diventando sovraffollato, che i giganti stavano già crescendo in quel senso anche con acquisizioni importanti (basti pensare a Flipboard con Zite e Linkedin con Pulse). Ci saremmo trovati ben presto schiacciati da un business model che richiedeva milestone da milioni di utenti, prima di cominciare a parlare di guadagni.
Abbiamo quasi subito cambiato rotta con quello che in gergo da startup viene identificato come “pivot”: un cambio che ci ha permesso di concentrarci su una clientela business e sul già menzionato modello freemium.
5. Tre consigli a bruciapelo per una buona strategia di content marketing!
- Primo. Non vendere: intrattieni ed educa la tua base fan, piuttosto. La promozione eccessiva è il modo migliore per scomparire dalle timeline.
- Secondo: Non essere monotono. Proponi un mix di contenuti e fallo in modo avvincente e convincente: non parlare di storytelling, semplicemente fallo!
- Terzo: Misura e apprendi. Conosci la tua audience misurando i risultati delle tue pubblicazioni. Scova ciò che più interessa alla tua base fan e imposta la tua strategia editoriale di conseguenza.
Grazie Antonio, ci ritroviamo tra i commenti! 😉