Native advertising: ecco come viene percepito

Mica così bene

Scegliere banner o native advertising?

Di Native Advertising abbiamo parlato altre volte a queste coordinate. Perlopiù di come difendersi, da lettori, di fronte a una strategia di promozione su blog e magazine dai contorni non così definiti.

Era giugno 2013.
Oggi, a luglio 2014, com’è andata?

Qual è la percezione degli utenti verso i post sponsorizzati?
Le Sponsored Stories convertono? Aumentano davvero la percezione del brand promosso?
E chi lo ospita, ci perde o ci guadagna in credibilità?

Ci ha pensato Contently a raccogliere tutti questi dubbi, dati alla mano, in un recentissimo post strapieno di grafici. Ne vediamo alcuni punti chiave? 🙂

Credibilità

Il primo aspetto che appare evidente è che non quanti utenti ci si aspetterebbe conoscono il significato dei termini “Sponsored post”, “Partner Story” o simili. A dirla tutta, il 52% degli utenti non riconosce immediatamente un post a pagamento.

Il problema è che quando se ne accorge, l’utente, di essere all’interno di un post pagato, non è che la prenda così bene. La sensazione più comune è second Contently quella di essere stato fregato alla grande. Così fregato che un 57% degli utenti vorrebbe cliccare su un banner più che su un post sponsorizzato esplicito.

In linea di massima, il 53% non crede affatto ai post sponsorizzati. Valore che va di pari passo con il livello di istruzione.

Un disastro completo quindi? Non del tutto. Un dato significativo è che gli utenti riconoscono maggior qualità ai contenuti sponsorizzati rispetto a un tipico post sul blog, personale o aziendale. Anche se, appunto, meno trasparenti.

La domanda: C’è spazio per fare Native Advertising migliore?
C’è spazio.

Storie

  • Traccia parametri migliori delle semplici sessioni. Stando ai dati di cui sopra, solo il 24% degli utenti scrolla fino in fondo un contenuto sponsorizzato. Ricordi quando scrivevo di minuti di attenzione? Ecco.
  • Valuta attentamente la demografica del tuo target prima di adottare a occhi chiusi una strategia simile. Più alta l’età e il livello culturale, peggiore la percezione. E, nel caso, più grande la perdita di credibilità.
  • Seleziona buoni Partner. Con la maiuscola. Non semplici inserzionisti di cui accettare una proposta tappandosi il naso. Anche se la firma non è la tua, lo è la faccia e il nome che si stanno giocando la creditilità.
  • Sii palese negli intenti. Anche se ancora in pochi riconoscono un post pagato non nasconderti dietro astruse etichette con l’obiettivo di portare un click in più. Spiegami, piuttosto, cosa stai facendo e perché dovrei crederti anche in questa veste.

Quando subentra la componente economica, su un blog o su un sito in grado di catalizzare attenzione, le cose si complicano. Il Native Advertising non è qualcosa da evitare a priori, così come non dovresti evitare a priori di far sponsorizzare le tue pagine da realtà commerciali sotto forma di banner.

Il punto, come al solito, è non sacrificare mesi (anni?) di lavoro per qualche manciata di euro.

Quanto sei in grado di riconoscere un post sponsorizzato?
Ti ritrovi in questi dati?

Francesco Gavello

Francesco Gavello

Consulente, formatore e public speaker in Advertising e Web Analytics. Sviluppo strategie di Inbound Marketing per progetti web di grandi dimensioni. Appassionato da sempre di illusionismo, un’arte che ha molto da spartire con il marketing.