L’arte di raccontare una buona storia

…e di saper trascinare al suo interno i tuoi lettori

iStock.com/AVTG

Qualche giorno fa stavo sfogliando i feed RSS non ancora letti e mi trovavo di fronte ad un succoso guest post di Nicholas Cardot di Site Sketch 101.

La visione esposta da Nicholas non lasciava spazio a dubbi: le storie sono ancora una componente fondamentale di ogni buon blog.

Certo, alcuni potranno obiettare che non tutti gli argomenti ben si prestino ad essere “romanzati”. Così come non sempre esiste il tempo (o arriva l’ispirazione giusta) per espandere sino a tal punto i propri post.

Spesso è più semplice attenersi ai fatti. Ai numeri.
Alle statistiche che non lasciano spazio ad interpretazione.

Tuttavia, sia che tu scriva di cucina o del più recente linguaggio di programmazione ad oggetti, ciò che ti serve per trascinare con te i tuoi lettori in un viaggio che susciterà loro emozioni è, oggi più che mai, una buona storia.

Perché?

Perché le buone storie permettono di evadere dalla quotidianità, di trovare uno spazio “sicuro” in quella che può essere una pessima giornata. Di rilassarsi e di spaziare con la mente in un altrui universo che difficilmente ci verrebbe proposto dalla fredda e ingessata informazione dei grandi portali e simili (dopotutto è anche per questo che esistono i blog, giusto?).

Buone storie riescono a portare nel vivo di un argomento anche chi difficilmente avrebbe pensato di essere adatto a prenderne parte.

Buone storie riescono a motivare facilmente articoli controversi, visioni taglienti e in generale sfaccettano a dovere la personalità del blogger prima di ogni altra cosa, arrivando a stabilire ancora più in profondità quel magico rapporto blogger-lettori.

A rendere, in poche parole, più umano colui che scrive.

E non c’è dopotutto un bisogno così estremo di riversare fiumi di parole nel cercare di affascinare i lettori. Una buona storia può racchiudersi in una manciata di paragrafi, o fungere semplicemente da preambolo a qualcosa di più prettamente tecnico.

Non sottovalutare la potenza di esporti raccontando una storia.
In particolar modo se si tratta della tua grande storia.

Qualcos’altro da leggere

Francesco Gavello

Francesco Gavello

Consulente, formatore e public speaker in Advertising e Web Analytics. Sviluppo strategie di Inbound Marketing per progetti web di grandi dimensioni. Appassionato da sempre di illusionismo, un’arte che ha molto da spartire con il marketing.

14 commenti

  1. Mi sono sempre piaciute le belle storie, soprattutto quelle raccontate sui blog: a volte divertenti, a volte assurde, a volte tristi…
    Il racconto è una parte fondamentale nella vita di tutti i nostri giorni, una bella storia scalda il cuore e distoglie dai problemi 🙂

  2. Certo, è sempre bello leggere una bella storia!

    QUalcosa che ti scala il cuore insomma… a volte nelle giornate frenetiche se ne sente l’esigenza.

    Dobbiamo ricordarci che non siamo macchine… 🙂

  3. Sì, anche a me piacciono le belle storie, scaldano e rendono concreto il discorso. Però… quando nei siti che vendono qualcosa si abbonda di storie di “casi”, sorge il sospetto che non siano vere… Insomma io direi di non abusarne. Se l’autore del blog racconta qualcosa di sé è un conto e ci credo, se trovo decine di storie altisonanti può anche farmi pacere ma ci credo meno…. Cosa ne pensate?

  4. Ah sono perfettamente d’accordo con te Emma! Odio i siti dove è palese che il loro scopo è solo quello di farti scaricare il proprio e-book o di venderti cd o dvd o libri o quanto altro.

    Li odio profodnamente e molti sono proprio palesi.

    A quel punto nemmeno leggo il contenuto dei post! Può esserci pure scritto le cose più belle del mondo in uei post, ma sono tutte palesemente fregnacce scritte apposta per raggiungere il loro obiettivo.

    La cosa mi fa alquanto schifo, ed abbandono subito il sito (e probabilmente, non ci entro più!). Purtroppo ci sono molti di questi blog che vogliono solo fare un mucchio di visite… brutto!

  5. Assolutamente d’accordo: sul mio blog, nonostante spesso gli argomenti rischiano di sembrare pesanti, non riesco a trattenermi dall’introdurli attraverso riflessioni (che, lo ammetto, rischiano di sembrare giri di parole ma che io preferisco attribuirle ad un approccio “romantico” a quanto mi appassiona 🙂 )

    …credo sia connaturato a chi trova piacere nel raccontare le cose, piuttosto che riportarle e basta.

    Ciao

  6. “Non sei fregato veramente finché hai una storia da raccontare e qualcuno a cui raccontarla” (dal testo teatrale “Novecento” di Baricco, 1994)

  7. Grazie per il post, Francesco. 🙂
    Mi sembra proprio una bella storia.
    E visto che siamo in vena di citazioni e quella di Walter è una delle mie preferite, ve ne lascio una anch’io.

    “La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla” (G. Garcia Marquez, Vivere per raccontarla).

  8. Io le scrivo da me e per me, le storie, perché è raro trovarne di intelligenti, in rete, di quelle che ti inducono a riflettere, se non proprio a pensare. Riflettere non è la stessa cosa del pensare, perché se il pensiero si snoda e ingarbuglia nel solito modo sequenziale che non porta mai a nulla… il riflettere è ancor peggio, considerato che la riflessione si affida al capovolgimento di un’immagine che già non si capiva quando stava dritta… 😀

  9. In definitiva si scrive per comunicare al lettore cosa non si è riusciti a capire dell’esistenza e come ci si è convinti, invece, di averne intuito il senso. D’altra parte chi legge non si riconoscerà che raramente in quella fila d’errori appena letti, perché lui la vita non l’ha capita percorrendo vie diverse da quelle, anche se è riuscito a convincersi di averne compreso l’essenza negli stessi modi fantasiosi usati da chi si è fatto leggere… 😀
    La Verità è, a causa della propria natura truffaldina… incomunicabile, ma per sincerarsene occorre tentare di dirla… 🙁

    1. Credo che invece si possa scrivere per comunicare al lettore cosa “si ritiene di aver compreso della vita” per condividerlo.

      Ognuno cerca il senso della propria vita e dei propri giorni, ed è dunque in questo cercare che talvolta si scrive per noi stessi in primis, per “fissare” qualcosa che riteniamo di aver compreso e che sia quasi “una pietra” per i giorni futuri 🙂

  10. L’esistenza è specializzata nell’arte del movimento il quale, è noto a tutti, rende il bersaglio del comprendere molto sfuggente. Qualsiasi sia il risultato dell’aver apparentemente compreso qualcosa della vita, questo sarà sottomesso, a propria volta, al doversi muovere. Dunque, lo si deve riconoscere, ogni raggiungimento, dal punto di vista della certezza, è apparente e instabile perché ruota, esso stesso, attorno a un asse che ruota intorno a un altro asse ancora. Naturalmente tutti questi assi sono, a loro volta, vortici di un asse costituente il centro principiale di tutto questo universale vorticare. Ogni effetto ha una causa e ogni causa è effetto di altra causa, in una scala gerarchica ontologica ordinata, in modo logico e sequenziale, oppure temporale. I princìpi che legiferano il tutto della manifestazione relativa si dicono universali quando sono applicabili a ogni aspetto della realtà. In questa loro universale applicazione sta il loro esiguo grado di relatività nei confronti del Centro senza estensione che costituisce il loro principio primo. Non essere consapevoli di questi princìpi essenziali, ai quali la manifestazione della realtà deve il proprio equilibrio, conseguenza della somma di tutti i disequilibri particolari di cui la realtà relativa si compone, non concede di conoscere che verità destinate al mutamento dato dalla loro imprecisione. D’altronde, e dall’altro lato di questa ineludibile imprecisione, sta l’altro modo del conoscere, quello intuitivo spirituale, immediato e diretto, che non è comunicabile proprio a ragione della sua “non relatività”, la quale è attuata nella pura consapevolezza spirituale. Per questa consapevolezza, non mediata dalla mente e non proprietà di alcun individuo, nessun Profeta ha mai scritto alcunché.