“Perché un campioncino?”
Era quello che ti chiedevi lo scorso weekend nel più classico dei centri commerciali, intento a uscire da un negozio di Lush insieme alla tua compagna, ben forniti di pacchetto regalo e suddetto promo.
“Così provate anche voi qualcosa di nuovo”, ci aveva detto la squillante cassiera.
Che poi ha senso. A prima vista sembra ragionevole.
Ma c’è dell’altro.
Il costo di un campioncino per ogni cliente non è trascurabile, per un brand così grande. Non stiamo parlando di pietre preziose, ok, ma davvero l’obiettivo -per un brand che confeziona saponi & cosmetici di particolare qualità- è fare unicamente in modo che il cliente, prima o poi, scopra qualcosa che non ha ancora provato prima?
Ce lo vedi l’utente che tiene da parte con cura l’involucro (che riporta il nome del prodotto, altrimenti anonimo frammento di sapone o flaconcino) e, una volta terminato l’uso, corre al negozio per acquistare proprio quel prodotto tra tutti gli altri? L’aver testato qualcosa di nuovo ha fatto la differenza?
Con il rinnovo dei prodotti che il brand si ritrova e la scelta quasi di pancia che viene stimolata in negozio, non sembra questo l’obiettivo dell’iniziativa.
Eppure, il valore ce l’ha.
Per alcuni semplici motivi.
(alla rete ci arriviamo, con calma 🙂 )
Qualcosa di nuovo
- Un campioncino non lo butti via con leggerezza. A differenza dello SPAM cartaceo che riceviamo ogni giorno da tutte le parti, gettare via qualcosa di maggiormente “fisico” e comunque potenzialmente utile è un passaggio mentale non così scontato.
- L’oggetto in questione rimane spesso nei paraggi più a lungo del dovuto, prima di trovare una sua collocazione o utilizzo.
- Spesso, un campione dimostrativo emerge dalle nebbie del passato nei momenti meno probabili. Dal fondo di un cassetto, da un vecchio contenitore. Per i motivi di cui sopra, rientra a far parte della nostra vita nei contesti più disparati.
- Oppure, passa semplicemente di mano con velocità, perché il primo destinatario non ne ha davvero bisogno. Diventa il “plus” di un già interessante regalo, stimolando il passaparola più spontaneo.
Ora.
Il sapone (quello con la “S” minuscola) è solitamente prodotto comune.
Lush fa invece prodotti fuori dall’ordinario, in un contesto in cui non è forse così importante -in senso assoluto- ricordarne la qualità quanto l’esistenza stessa del marchio. Ricordare al cliente, mese dopo mese, che comprare saponi e cosmetici al supermercato ha (forse) una simile efficacia, ma un’esperienza e una qualità finale completamente diverse.
Tutto questo è, semplicemente Remarketing.
Un remarketing che si basa sul posizionare in modo strategico nelle giornate di potenziali clienti messaggi cristallini e inequivocabili. Oggetti, in questo caso, che assoceremo a contesti diversi una volta finita l’esperienza di acquisto iniziale. Che ci ricorderanno costantemente la forte differenza dell’esperienza offerta dal brand rispetto al soddisfare semplicemente la necessità alla base.
Il remarketing è tutto qui.
Conosco la strada
E se per uno store la tracciabilità del ritorno d’investimento di un campioncino è complicata forte da tracciare, quando parliamo di rete, comprendere le logiche di remarketing più efficaci è possibile e fa la differenza proprio per i motivi di cui sopra.
- Posizionare un nuovo messaggio (diversificando l’esperienza) a chi abbia già avuto a che fare con il tuo sito, blog o e-commerce. Spiegami cosa c’è di nuovo per me, tra tutti gli altri.
- Proseguire il discorso (completando la prima acquisizione) a chi abbia soltanto intrapreso parte del cammino verso l’acquisto di un tuo bene o servizio.
- Migliorare il supporto (proseguendo l’esperienza) a chi abbia già acquistato un tuo bene o servizio bisognoso di attenzione.
Oggi, i mezzi non mancano. Con Google AdWords possiamo identificare i nostri clienti mentre navigano sull’intero sito o su solo alcune sezioni. Possiamo escludere da questo puntamento tutti coloro che abbiano (oppure no) eseguito azioni chiave per la nostra segmentazione del target, come un acquisto o un’iscrizione.
Con Facebook, possiamo pressapoco fare le stesse cose (ed è tantissimo, visto il contesto), sviluppando segmenti di pubblico su misura per i nostri annunci. Annunci che vadano a sfruttare persino una lista di indirizzi email, se necessario, dando alle nostre attività DEM una direzione nuovamente interessante.
E ora chiediti:
- Quanto sei presente nella vita dei tuoi clienti?
- Quanto spesso il tuo nome è presente nella loro giornata?
- Quanto stai ricordando loro l’esperienza particolare del tuo prodotto o servizio?
- Quanto stai diversificando o perfezionando la loro esperienza?
- Quanto li stai aiutando a terminare la loro prima interazione (acquisto) con te?
Un’attività di remarketing non è solo “un’utile aggiunta” a una strategia di contatto su un media pagato, quanto piuttosto la base per l’efficacia di una campagna pubblicitaria. Gli utenti, che interagiscono con noi su sempre più mezzi, modi e tempi differenti, ringrazieranno.
Ne hai mai fatto uso?