Stavo sfogliando qualche giorno fa un ottimo studio in tre parti di ConversionXL Institute circa l’efficienza delle pagine di prodotto all’interno di un e-commerce e ho realizzato che, semplicemente, al di là degli interessanti risvolti dell’analisi, questa sintetizza in un qualche modo la difficoltà di affrontare un test di marketing – uno fatto bene – in un contesto reale.
Perché sono capaci tutti a scrivere della bontà dell’effettuare un test.
Dell’ipotizzare di alzare o abbassare il budget.
Del cambiare layout o di ridurre o ampliare i testi.
In teoria, tutto suona bene.
Nel mondo reale invece, abbiamo a che fare con aziende che generano un fatturato grazie a un preciso scenario che da consulenti ci troviamo di fronte. Con vincoli e opportunità tutt’altro che da manuale. E affrontare un test in grado di incidere, anche momentaneamente, in modo negativo sui ritorni dell’investimento non è qualcosa che si fa a cuor leggero.
Un buon test richiede:
- tempo
- volumi
- budget
Tempo e volumi, prima di tutto. Perché non puoi testare efficacemente una qualsiasi azione di marketing scegliendo come orizzonte temporale una mezza giornata o una manciata di giorni. Né puoi pensare di ottenere dei dati statisticamente rilevanti con un centinaio di utenti al giorno. Non se vuoi che i tuoi test significhino qualcosa.
Budget, subito a seguire. Perché per definizione testare significa offrire almeno due alternative per la stessa soluzione. Che si tratti di predisporre una nuova serie di landing page o di sviluppare creatività aggiuntive per i propri annunci, la stessa idea del testare richiede disporre di margine di manovra.
Ed è proprio di questo margine di manovra che molti brand, troppo piccoli o con uno scenario troppo complicato, non dispongono. Per quanto si considerino i test come la panacea di tutti i mali (e non testare è, in effetti, la cosa più sbagliata che puoi fare nel web marketing) arrivare a predisporre una logica di test sostenibile dal cliente non è così semplice.
Apro una parentesi. Una semplice regola non scritta nell’essere consulente è che non puoi chiedere duemila euro al mese a un cliente se questo ne fattura uno. Allo stesso modo se un business, un e-commerce ipotizziamo, genera 30 vendite al mese e ha bisogno di migliorare, proporre a bruciapelo un test in grado, nel caso peggiore, di ridurre quelle 30 vendite a 10-15 è piuttosto rischioso. Soprattutto se per il nostro cliente il punto di pareggio si trova proprio intorno a questi numeri.
Non significa che si testa soltanto quando le cose vanno bene (anche se testare quando le cose vanno bene è una buona pratica). Significa che testare significa essere pronti anche al peggio e, che quando un test va male, è necessario avere le spalle coperte per non far cappottare un intero business.
Altrimenti, più che di test parliamo di scommesse.