Una delle abilità più preziose da coltivare per lavorare come consulente è separare ciò che il cliente chiede da ciò che effettivamente vuole.
Imparare a leggere, in un certo senso, dietro le parole.
Perché se è vero che è più facile lasciarsi guidare dalle richieste di un cliente senza nulla aggiungere, non è detto che ciò sia quello che si chiama un buon lavoro di consulenza. Nè che renda poi davvero soddisfatto l’interlocutore.
Vado di esempio. 🙂
Un cliente potrebbe arrivare da te chiedendoti una revisione ai testi della sua landing page. Una paginetta magari sviluppata in WordPress, interna al layout senza particolari complicazioni. Ciò che il cliente potrebbe volere realmente è alzare il tempo di permanenza sulla sua pagina, perché quei testi al momento nessuno li legge davvero.
Ciò che al cliente serve (probabilmente) è un maggior numero di clienti di valore che compili il modulo presente in quella pagina. Contatti di valore, più che un alto numero di lead fine a sé stesso.
Lavorare sui testi, senza spingersi un po’ più in là interpretando l’esigenza del cliente in senso più ampio, non otterrebbe il risultato sperato. Una soddisfazione di breve durata, che non sposta realmente l’asticella del progetto più in alto.
Altro esempio.
Un cliente potrebbe arrivare da te chiedendoti una revisione SEO on-site. Ovvero, mettere mano all’architettura dei contenuti del suo sito o blog, lavorando su tutti quei (tanti) parametri SEO che permettono di presentare un contenuto al meglio agli occhi dei motori di ricerca. Il cliente potrebbe invece, al di là della richiesta, voler scalzare dalla SERP il suo competitor preferito per un preciso set di parole chiave che non lo fanno dormire la notte.
Ciò che al cliente serve (probabilmente) è in parte un’attività SEO on-site, più contenuta, e un’attività SEO off-site, di più ampia portata e dai modi e tempi diversi, focalizzata su un preciso fronte. Potrebbe anche necessitare, nel breve periodo, di un’attività in Google AdWords a tampone di un calo di visibilità organica o di fiducia – intesa in senso più ampio – da parte dei suoi potenziali clienti.
Questo tipo di ragionamento non vale peraltro solo per il marketing.
Spesso da clienti – in quanto tali – non sappiamo come identificare la soluzione al nostro problema.
Da clienti altrui rischiamo di compiere lo stesso tipo di salto mentale, rischioso per chi ci ascolta.
- Desidero cambiare automobile con un un modello più recente sportivo. Sotto sotto, intendo un’auto scattante, non necessariamente più veloce in senso assoluto. Meno pesante da guidare e che mi dia diverse sensazioni di guida rispetto a ciò che guido attualmente. Ciò che mi serve (probabilmente) è un’auto ibrida, magari tecnologicamente avanzata e meno “ruvida” quando mi trovo al volante.
- Desidero fare una crociera con la persona a cui tengo di più. Ciò che intendo realmente è progettare una vacanza romantica. Ciò che mi serve non è (probabilmente) una crociera, quanto capire ciò che per me significa “romantico” e “relax”. Spoiler: spesso non è una crociera.
- Desidero un paio di cuffie da pc senza fili. Ciò che intendo davvero è “più comode” e “meno fastidiose” e penso che rimuovendo il filo potrei fare un passo in avanti. Ciò che mi serve (probabilmente) è un paio di cuffie professionali con padiglione chiuso a riduzione passiva del rumore, quanto più leggere possibili.
Ciò che pensiamo di voler non coincide quasi mai con la soluzione migliore che potremmo ottenere.
È banale?
Mica tanto.
Perché, da clienti altrui, ci si trova spesso di fronte a chi non vede l’ora di rispondere all’esigenza esplicita (ciò che chiedo) senza soffermarsi un secondo su quella latente (ciò che voglio) e soprattutto, aggiungendoci quella magia chiamata “esperienza del professionista”, ciò che mi serve davvero.
Da consulenti, ragionare in questo modo significa filtrare.
Significa, potenzialmente, perdere un cliente non ancora pronto.
Ma alla fine, è davvero così male?
Bell’articolo sui desideri reali nascosti dietro una innocente domanda.
Capita molto spesso, soprattutto perché prima di arrivare ad un consulente il cliente passa da tanti consigli e ricerche internet a volte da interpretare correttamente. Ma non so se capita anche a te che una volta che dopo incontri, riunioni e condivisione della linea di progetto che necessariamente porta all’intervento pratico con lavorazioni a pagamento ti lascino dicendo che la parte finale del progetto la affidano ad altri e non retribuiscano la consulenza o la retribuiscono a rimborso spese benzina ?
Spesso ad esempio mi capita di segnalare che gli ecommerce possono funzionare con migliori foto degli oggetti , numerose viste e fondi bianchi.
Il suggerimento è accettato nel 99 per cento dei casi ma per fornire il servizio c’è sempre un nipote che sa fare tutto con iphone 4s.
E purtroppo il suggerimento dato da i suoi frutti e diventa bravo uno dei nipote.
Naturalmente è l’esempio più banale ma per me che fornisco servizi a professionisti ed aziende, va via una gran fetta di lavoro in questa maniera che non posso recuperare dai privati.
Tu come ti comporti?
E’ molto meno banale di quel che sembra! Il cliente oltre a non dirti esattamente quello che vuole, molto spesso non lo sa nemmeno lui!!! E li sta la bravura di essere empatici e portarlo verso quelle che dovrebbero essere le esigenze sue e una soluzione, per entrambi. Oppure si fa i… commerciali e assecondandolo lo si porta verso la soluzione… solo per noi, per vendere!
Personalmente ho visto che la prima modalità converte meglio della seconda. Ma per i commerciali (almeno quelli che ho visto) è difficile da capire.
Articolo quindi da… distribuire in giro! 😉