(function(w,d,s,l,i){w[l]=w[l]||[];w[l].push({'gtm.start': new Date().getTime(),event:'gtm.js'});var f=d.getElementsByTagName(s)[0], j=d.createElement(s),dl=l!='dataLayer'?'&l='+l:'';j.async=true;j.src= 'https://www.googletagmanager.com/gtm.js?id='+i+dl;f.parentNode.insertBefore(j,f); })(window,document,'script','dataLayer','GTM-T3Z2SL');

Twitter, le API e l’ecosistema: un nuovo capitolo di una lunga guerra silenziosa?

Application Protocolo Interface

Twitter e l'ecosistema API

Immagina di aver creato un piccolo social network.

Lo curi e lo nutri, fino a quando non sembra voler esplodere come nuova moda del momento.

Ti impegni quindi nell’aprire al mondo la tua piccola creatura. Sviluppi una serie di API, di interfacce a servizi esterni, affinché sviluppatori dotati di tutto il mondo possano interagire con il tuo pupillo.

Il tempo passa, il network cresce.

E oggi ti trovi in mano Twitter, che vanta vagonate di utenti, servizi di terze parti costruiti su di esso, utenti che sfruttano i suoi meccanismi per interagire con le loro social media dashboard (chi ha detto HootSuite?) e per sondare la rete alla ricerca delle discussioni più interessanti.

Se Twitter non è più da tempo un social network di nicchia, lo deve in gran parte alle proprie API.

Questa cosa delle API l’hanno capita in molti, ultimamente.

Giardini

Anziché costruire il tuo walled garden, il tuo utopico giardino recintato, impermeabile al cambiamento, fornire un modo rapido con cui solleticare la creatività e di potenziali evangelisti è qualcosa che ripaga alla grande in termini di visibilità, utenza, interesse sul lungo periodo.

Twitter ha nel tempo permesso e incentivato che si costruissero interi servizi sulle proprie API.

Il problema è che questi servizi hanno progressivamente messo in luce la cattiva esperienza utente di Twitter.com, in favore di social media dashboard, client di terze parti, servizi web di diverso tipo in grado di pescare e pubblicare informazioni sul network.

Come se non bastasse (ma era facilmente immaginabile), molti di questi servizi hanno cominciato a proporre piani premium e servizi aggiuntivi proprio sulla base di queste API.

Così, la sospensione dell’integrazione tra Twitter e LinkedIn non suona affatto nuova e appare come l’ennesimo capitolo di quella che sembra essere una guerra sempre più silenziosa ma in grado di decidere le sorti di molti, in giro per il web.

Twitter non può fare a meno di fornire le proprie API all’ecosistema di servizi e prodotti generati nel tempo, ma in contemporanea non può lasciare che queste rubino vere e proprie opportunità di business migliorando (o anticipando del tutto) funzionalità intrinseche del proprio portale.

Nel cercare questo utopico equilibrio, gli utenti si scontentano facilmente.
Tu da che parte stai?

Meglio un social, Twitter, che re-importi chiudendo i rubinetti quanto di buono l’ecosistema negli anni ha partorito, o una moltitudine di servizi che guardano – anche guadagnando parecchio – a costruire su di esso la loro base di utenti?

Francesco Gavello

Francesco Gavello

Consulente, formatore e public speaker in Advertising e Web Analytics. Sviluppo strategie di Inbound Marketing per progetti web di grandi dimensioni. Appassionato da sempre di illusionismo, un’arte che ha molto da spartire con il marketing.

2 commenti

  1. Sollecitare in maniera creativa l’ecosistema del Web ha sicuramente molti rischi.
    Ma Twitter, come tutti i colossi del Web, era consapevole di ciò sin dalla sua nascita.

    Una dose di rischio ben equilibrato, uguale e contrapposto alle potenzialità di sviluppo dell’azienda, è sempre alla base di un buon piano di sviluppo.

    Personalmente non amo i Piani di Sviluppo Aziendali nei quali non esiste “nessun tipo di rischio”.
    Più rischio, più opportunità di Business – Meno rischio, meno opportunità Business.

    Calcolare la quantità del rischio è sempre una delle Best Practice, ma la qualità del rischio è quasi sempre un’incognita.

    La bravura vera e propria risiede nella capacità di reazione al problema mentre l’azienda è in corsa.
    E Twitter a quanto pare ha preso provvedimenti efficaci in maniera tempestiva.

    Quindi direi proprio che quando ti accorgi che le cose stanno prendendo una piega non buona per la tua azienda, meglio anticipare che riparare.

    Facebook ha fatto la stessa cosa con Google+, chiudendo letteralmente i rubinetti e bloccando la funzionalità di importazione di contatti dall’uno all’altro, prima di essere depredato letteralmente della sua così tanto adorata comunity di quasi 800 milioni di utenti.

    Quando ti accorgi che la tua azienda, così tanto amata e sudata, potrebbe diventare carne da macello per altre aziende che basano anch’esse il loro business sul Web, non credo ci sia molto da fare se non cercare di limitare i possibili danni futuri.

    Questo è il bello e il brutto del Web.