“Prima di YouTube, ci sono stati altri 17.000 YouTube.”
O almeno, è quello che racconta di aver sentito dire un tempo Boris, scrivendo per The Next Web sul finire di ottobre, parlando di costanza, tempismo e pizzichi di fortuna nel lanciare con efficacia un prodotto in rete. 😛
Al di là del dato statistico, leggermente improbabile, il succo dell’articolo era che nulla è nuovo, tutto è copiato. Almeno in parte, tutto ciò che abbiamo sotto agli occhi è un’iterazione di qualcosa di preesistente. Ripulito, rimodernato. Aggiornato nelle funzionalità. Ma quasi mai completamente nuovo.
Dice: ma se nulla è nuovo, perché vincono solo alcuni e dietro le quinte rimangono a spingere quei 16.999 altri pseudo-YouTube, di cui nessuno sentirà mai parlare davvero?
Perché molti di essi sono destinati a fallire.
Per tre motivi.
1. La realtà è che vuoi tutto e subito
L’idea della costanza, del tempismo è della fortuna è così démodé. Tutto è subito è invece un’idea molto più gratificante, in grado di soddisfare il capo, il partner, il finanziatore.
Vogliamo un prodotto funzionante da zero a cento in due, massimo tre mesi, con l’idea di non metterci mai più mano. D’altronde…
2. Hey, chi ha bisogno di fiducia?
Vogliamo che le persone saltino sul nostro carro (uno tra i migliaia disponibili) senza che spesso ci sia neppure un prodotto che funzioni davvero. Che abbia un minimo di storia o che sia capace di presentare adeguatamente le proprie potenzialità.
Il semplice costruire una proposta non significa che l’utente sarà disposto ad ascoltarla. In realtà quasi sempre …non sarà così. Da clienti, abbiamo una valida risposta a praticamente ogni nostra necessità (legata alla rete e fuori da essa): convincerci a cambiare è molto più difficile di quanto si creda.
Ma, soprattutto…
3. Non vogliamo ascoltare i nostri clienti!
No, davvero. Le critiche spingono a chiedersi se l’intera idea alla base abbia delle solide fondamenta. Spingono strateghi e programmatori a rimetter le mani a quelli che -eresia- si consideravano processi ormai conclusi, il prodotto finito al giorno del lancio.
Vogliamo più cori di approvazione che spunti di riflessione. Costano meno e creano meno problemi. 😛
Secondo Sean Elliss, CEO di Qualaroo, il primo errore nel valutare le performance di qualunque progetto è concentrarsi sul numero di conversioni, anziché sull’esperienza dell’utente.
Che centri qualcosa? 😀
Qui si scherza -neanche troppo- ma ti sfido a trovare un progetto tristemente fallito che non abbia avuto problemi di tempistiche di esecuzione, fiducia percepita da parte del pubblico o comprensione della customer experience. È una storia ciclica?
Credo che il punto 1 sia il motivo per cui sono poche le start up italiane ad avere successo: siamo troppo abituati a volere tutto e subito!