Cosa succede se, su Facebook, diamo in pasto agli utenti due tipi di messaggi pubblicitari, uno con le classiche call to action ripetute e rinforzate e l’altro che integra uno storytelling più morbido e progressivo?
Si può sviluppare un vero e proprio imbuto di vendita quando siamo ancora sul social?
Ha senso?
Funziona?
Raccontami una Storia
Se l’è chiesto Adaptly, in uno studio divenuto pubblico una manciata di giorni fa e basato su un target di circa 2 milioni di utenti. La campagna, sviluppata per Refinery29 -nicchia della moda- era così divisa:
- a un gruppo venivano mostrati tre annunci slegati tra loro
- a un secondo gruppo venivano mostrati tre annunci legati da una storia
…più un terzo gruppo di controllo per confrontare i risultati (gruppo che non vedeva alcun annuncio).
Il percorso era tutto sommato semplice. Quattro giorni di permanenza per ciascuna creatività. Dodici giorni totali e una storia da raccontare. Inizialmente generando la più classica dell’awareness sul prodotto, poi scendendo a informare l’utente delle caratteristiche peculiari. Solo alla fine, negli ultimi quattro giorni, andando a presentare la vera call to action e stimolare un’iscrizione.
Com’è andata?
Mica male.
Adaptly ha rilevato un incremento delle visualizzazioni della landing dell’87% e delle conversioni del 56% rispetto al semplice set di tre annunci slegati tra loro. Ancora più interessante, l’interazione è stata decisamente più alta sugli utenti che certamente avevano visto tutti e tre gli annunci, rispetto a chi della storia aveva seguito solo una o due parti.
Insomma, raccontare una storia, anche quando lo si fa con un mezzo più freddo come Facebook Ads ha perfettamente senso. Non solo lo storytelling continua a essere una potente arma per qualunque brand cerchi di costruire un’Esperienza (con la “E” maiuscola) per i propri utenti, ma si dimostra efficace per portare l’utente un passettino alla volta più all’interno del brand.
Sono gli utenti che stanno diventando più schizzinosi? È solo l’effetto novità? Si tratta solo di quello spaesamento dovuto al fatto di non aver ricevuto la call to action prevista sin da subito, così facile da ignorare a cuor leggero? Oppure è Facebook che affila le armi per crescere come paid media, diverso e complementare, rispetto a un Google AdWords o un LinkedIn Ads scelto a caso?
Trovi il report completo scaricabile dal sito di Adaptly.Conosci altri brand che agiscono in questo modo?