Cosa cambia nella gestione delle immagini in Gmail e cosa significa per chi fa email marketing

Cosa cambia nella gestione delle immagini in Gmail e cosa significa per chi fa email marketing

Qualche giorno fa Google ha annunciato un leggero cambiamento alla gestione delle immagini all’interno di Gmail. In due parole: ogni immagine ricevuta in una mail verrà ora tenuta in cache da Gmail stessa e mostrata …automaticamente.

La cosa, se può sembrare trascurabile o solo una delle tante finezze di Google sui propri servizi, ha delle ripercussioni non da poco su chi spedisce newsletter e si basa quotidianamente sui dati di apertura da parte dei propri potenziali clienti.

Via con l’inciso. 🙂

Da sempre per tenere traccia di chi apre una mail, esiste un solo e semplice metodo. Tutti i servizi professionali di questo tipo (AWeber, Mailchimp & co.) inseriscono un’immagine trasparente di un pixel in ogni campagna inviata. Quando l’utente decide di aprire la mail e leggerla, abilitando la visualizzazione delle immagini, invia un “ping” al server del nostro gestore, segnalandoci la fruizione del contenuto.

Quando ciò non è possibile, per esempio quando parliamo di mail completamente testuali, è il click su un qualsiasi link all’interno a generare (ovviamente) il conteggio sull’apertura del messaggio. Ma questo è un altro discorso.

Fine inciso.

Google, sottovoce, comincia a tenere in cache le immagini delle nostre mail.
E le apre da solo. Cosa cambia per noi?

Per gli utenti

C’è chi, come Search Engine Watch, assume la volontà da parte di Google di proteggere ancora una volta la privacy dell’utente, nascondendo dati sensibili o quantomeno appetitosi per chi voglia sfruttare exploit sui loro browser. Sarà. E c’è chi parla della volontà di incrementare la velocità del caricamento delle immagini, che risiedendo su un server di terze parti potrebbero non avere performance affidabili.

Per gli editori

Per gli editori, e questo è il lato che ci interessa di più, la situazione è più spinosa. Affidandosi unicamente alle immagini per determinare l’uso di una neswsletter, servizi come Aweber o Mailchimp vedono potenzialmente ridursi la precisione delle statistiche di utilizzo. Perché?

Perchè se è vero che al primo giro le immagini, per venire caricate in cache da Google dovranno pur venire scaricare dai server originali, confermando la prima apertura, da quel momento in avanti ci troveramo …tagliati fuori.

Uno degli aspetti più interessanti per chi fa email marketing è comprendere a fondo l’utilizzo di ogni messaggio, deducendone le meccaniche di utilizzo da parte degli utenti sulle aperture successive alla prima. Questi dati, non disponendo più di un nuovo richiamo diretto, saranno semplicemente persi.

I due lati della medaglia

Può un semplice cambiamento dare il via a una serie di effetti a cascata? Le premesse ci sono tutte.

C’è chi come Aweber minimizza la modifica, raccontando di una migliore esperienza per gli utenti (che non dovranno più decidere automaticamente se visualizzare le immagini) e chi, come Mailchimp, prevede una migliore accuratezza nel tracciare la prima apertura, lasciando punti di domanda sull’efficacia del tracciamento su aperture multiple.

Cosa ci dimostra tutto questo?

Che i servizi che usiamo, i tool che sfruttiamo per promuoverci online, per quanto gratuiti o a pagamento, non sono nostri. Non lo sono mai, neppure quando paghiamo per essi. Fanno parte di un equilibrio sottile e spesso fragile, molto più fragile di quanto possiamo pensare.

Che ne pensi? Per migliorare il dato di prima, unica, apertura, saresti disposto a sacrificare la precisione di tutto il resto?

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Francesco Gavello

Francesco Gavello

Consulente, formatore e public speaker in Advertising e Web Analytics. Sviluppo strategie di Inbound Marketing per progetti web di grandi dimensioni. Appassionato da sempre di illusionismo, un’arte che ha molto da spartire con il marketing.

4 commenti

  1. Ciao Francesco, non mi è chiaro un passaggio di questa modifica: la cache che google effettua sulle immagini è relativa al singolo utente (quindi la prima apertura è comunque conteggiata) oppure è relativa al file immagine inserito nella newsletter in generale?
    Nel secondo caso infatti, l’unica visualizzazione che risulterebbe dalle nostre statistiche sarebbe quella del primo utente gmail che apre la nostra mail.

  2. A questo punto mi pare che l’interpretazione di Search Engine Watch: “la volontà da parte di Google di proteggere ancora una volta la privacy dell’utente”, sia un po’ campata in aria.
    Se da un lato, il reparto mail marketing non conosce più le abitudini dell’utente sulle aperture multiple, dall’altro non ha più bisogno di fare stime statistiche sul gruppo di utenti che fino ad oggi è rimasto nel limbo di quelli che non avevano visualizzato le immagini (parlando di gmail e google apps ovviamente).

  3. Beh, a questo punto ci conviene insistere sui link all’interno delle mail.
    Almeno quelli per ora sono ancora tracciabili.

    Comunque… bella fregatura.

    Mi viene comunque da pensare come fanno tutti quelli (specie infomarketer) che mandano per scelta mail in formato solo testo.
    In teoria loro si sono giocati fin da subito l’open rate…
    O mi sto perdendo qualcosa ?

    Ciao 😀