Il destino di Fliboard (e di tutti gli altri)

Il business delle API

Flipboard, IFTTT e le API di Twitter

Ho già avuto modo di scrivere in passato della sileziosa ma instancabile guerra in corso tra Twitter e, beh, tutti gli altri servizi basati sulle API di quest’ultimo.

(Voce calda e profonda)
Nelle le puntate precedenti.

L’ecosistema di Twitter ha acquisito nel tempo un valore enorme.
Sono letteralmente esplosi nel corso degli anni -soprattutto nell’ultimo paio- servizi basati quasi interamente sull’integrazione di contenuti provenienti dal pennuto blu. Due esempi degni di nota? Flipboard. O IFTTT.

Servizi che senza un’adeguata integrazione da e verso Twitter se la sarebbero vista parecchio brutta.

Il pallone è mio

Ecco.
In queste settimane si sta giocando una nuova mano di questo eterno tira e molla.

Che poi tira e molla non è.
Assomiglia più a qualcosa tipo “il pallone è mio e si finisce di giocare quando lo dico io”.

In sostanza, se per primo LinkedIn ha ricevuto la più sentita delle porte in faccia – niente più tweet prelevati da Twitter e presentati sul profilo – ecco che anche in Flipboard si comincia a pensare al post-Twitter. Con qualche non troppo velato accenno a un “social catalog” sfogliabile. In IFTTT, di contro, prevedendo un non troppo roseo futuro per i propri Trigger, si decide di rimuoverli del tutto già oggi.

E come loro decine e decine dei altri servizi più o meno popolari stanno facendo i conti con una progressiva chiusura dei rubinetti.

Castelli di carte

Ora, la domanda è molto semplice: ha ancora senso pensare di costruire un business su Twitter?

Penso a tutte quelle decine di servizi che chi legge queste pagine usa giornalmente, che in qualche modo dialogano tramite le API di Twitter per recuperare contenuto o per agire “a distanza” su liste, preferiti, ricerche.

Oggi, tutto va bene.
Domani, un rapido colpo di spugna a qualche API e tutto crolla come un castello di carte.

D’altronde, il pallone è ed è sempre stato di Twitter.
Diceva bene Riccardo a fine luglio. Sollecitare in maniera creativa quella parte abitata della rete fatta da sviluppatori ha i suoi rischi. Può capitare, in effetti, che questi si esaltino e ti seguano. Che costruiscano su di te piccoli imperi e inaspettate funzionalità. Che possano portarti persino più in alto di quanto non avresti immaginato possibile.

Fino a quando non sei costretto a sbattergli la porta in faccia, e accettarne le conseguenze.

Ha ancora senso pensare di costuire un business sulle API di Twitter, e in maniera più ampia di un qualsiasi altro social network? Quando il core business di un’azienda si regge sulla disponibilità per nulla certa e formalizzata di risorse esterne, quanto conviene oggi come oggi rischiare?

immagine: ©PirenX – Depositphoto

Francesco Gavello

Francesco Gavello

Consulente, formatore e public speaker in Advertising e Web Analytics. Sviluppo strategie di Inbound Marketing per progetti web di grandi dimensioni. Appassionato da sempre di illusionismo, un’arte che ha molto da spartire con il marketing.

2 commenti

  1. Ciao Francesco,

    purtroppo devo dire che condivido a pieno i tuoi pensieri; Twitter si sta veramente comportando come “Il pallone è mio” e questo IMO fa male all’ecosistema.

    Per rispondere alla tua domanda secondo me non ha più senso costruire un business su Twitter. Fin dall’anno scorso ho cercato di portare alla luce un sistema che lavorasse all’interno di Twitter, ma per mia sfortuna il progetto MarkTweet non è mai riuscito a partire proprio per queste simpaticissime nuove policy.

    La cosa che proprio mi ha fatto innervosire, e non mi riferisco al mio caso specifico, è che finché a Twitter ha fatto comodo avere degli sviluppatori che gli permettessero di aumentare il numero di iscritti e le iterazioni degli utenti con il suo sistema, tutto andava bene. Ma appena hanno visto che si potevano sostenere da loro hanno iniziato a chiudere i rubinetti…

    Non fraintendermi, Twitter sarebbe scoppiato lo stesso, ma più lentamente.

  2. Grazie per la segnalazione al commento Francesco 🙂
    In realtà ultimamente c’è un bel po di buzz nella rete.

    In fin dei conti io credo che ciò che è di proprietà dei social rimane e rimarrà sempre proprietà dei social. (compresi follower e fan).

    Capito bene questo, ogni tattica dovrà essere calibrata in relazione al rendimento della strategia applicata su un determinato social.

    Spendere 1/2 ore al giorno su twitter (e sull’integrazione delle sue API in qualche nostro nuovo servizio) per poi vederci deprecati della possibilità di agire non mi sembra proprio il massimo.

    Social si, ma con parsimonia.