
Non sono mai stato un tipo da check-in, lo ammetto.
Spesso durante fiere, convegni o gite fuori porta ho sfruttato questo tool per segnalare, oltre che la mia posizione, tips e indicazioni sul territorio che in qualche modo potessero tornare utili ai miei contatti. Mi sono applicato. Mi applico ancora, insomma.
Ma l’ultimo check-in, ieri, legato a una nuova palestra che sto iniziando a frequentare, rappresentava a tutti gli effetti un ritorno ai vecchi tempi. Un ritorno dopo diverse settimane di lontananza da Foursquare.
Perché?
Perché per come stanno messi oggi i social network basati sulla geolocalizzazione, questi rischiano di venire dimenticati fin troppo presto considerando l’hype (e i numeri, certo) che li hanno accompagnati nella fase di crescita.
Pensaci.
Quante volte hai visto intorno a te persone intente a fare check-in a feste, serate, ritrovi, proiezioni o qualunque altro tipo di evento tu sia solito frequentare? Non parlo di barcamp o ritrovi geek di altro tipo, ma eventi comuni dove comuni utenti tipo (peraltro forse decisamente attivi su Facebook o Twitter) abbiano dimostrato lo stesso interesse per Foursquare. O uno qualsiasi dei suoi competitor.
Poche, vero?
Credo che attualmente le mie esperienze in tal senso si contino sulle dita di una mano.
Tendiamo molte volte a considerare l’intero mondo uguale alla porzione che di esso vediamo. Ma, non è mica così.
Perché questa situazione?
Beh, facciamo un passo indietro. RWW elenca quattro peculiarità dei servizi di geolocalizzazione che dovrebbero (o forse no) costituire un buon stimolo per il loro utilizzo.
- 1. Serendipità. Io utente nel geotaggarmi alla fiera del fumetto scopro intorno a me altre persone che conosco, che posso raggiungere al volo e godere della loro compagnia, migliorando l’esperienza dell’evento.
- 2. Deals, sconti o promozioni. Io utente sono motivato a registrarmi ogni giorno nel mio bar preferito perché finché ne sono il sindaco il cornetto al mattino lo paga la casa.
- 3. Prendere nota di un evento. Io utente posso registrarmi in un nuovo luogo “al volo” così da tenerne traccia nei miei spostamenti. Se poi questo possa tornare utile a terzi, è un’altra questione.
- 4. Personali branding. Io libero professionista del settore web & marketing cerco di rafforzare un’immagine di me nei miei lettori tenendoli aggiornati di conferenze, fiere e barcamp a tema che frequento.
In tutte e quattro le feature c’è un ben preciso “perché” a sostegno di ogni attività.
Un preciso e innegabile (forse qualcuno meno di altri) vantaggio che può sostenere nella mia mente il ricordo dell’esistenza di un social network chiamato Foursquare e dei benefici che ho nell’aprire l’app periodicamente sul mio iPhone e controllare se esiste modo di renderla utile nel posto in cui mi trovo.
Il fatto è che le cose diventano, nel concreto, molto più …macchinose e imprecise.
E rendono molti di questi “perché” vani o sfuggenti.
Il perché dietro alle cose…
Se ci pensi, Twitter e Facebook si consumano sul territorio indipendentemente dal cosa e dal come. Se vuoi twittare, puoi farlo senza rendere conto a nessuno. Se vuoi aggiornare il tuo profilo o visitare la tua pagina fan lo puoi fare senza preoccuparti dei dettagli.
Ma con la geolocalizzazione le cose si complicano. Le venue, gli obiettivi che si cercano di raggiungere tramite i check-in e l’immediata soddisfazione di fondo sono molto più sfuggenti.
A molte persone -e intendo la maggior parte delle persone- di gestire il proprio personal brand attraverso Foursquare non hanno alcuna intenzione. Così come la stragrande maggioranza degli utenti su Facebook non lo usano per promuovere la propria attività commerciale (altrimenti assisteremmo a un ribaltamento di ruoli dove gli utenti finali sarebbero una minima parte) ma semplicemente lo usano, e lo popolano, guardando a una soddisfazione molto più diretta.
La serendipità? Forse in qualche grande città, ma per quanto riguarda Torino è ancora piuttosto difficile trovare qualcuno che conosci che, prima di tutti usi FS e poi decida di usarlo per tutte le sue serate e poi, incrociando ancora gli eventi, si trovi nei dindorni del luogo in cui decidi di fare check-in. Un po’ come sparare nel buio, insomma. Niente che al momento si possa definire una reale motivazione per fare check-in a raffica.
Le promozioni? Ottime, vero. Se ne vedono già in buona parte anche nei luoghi non propriamente popolati di marketer in cui vivo. Eppure, fino a quando io utente faccio un check-in per ottenere un benefit (mio e personale), tutto il processo di evantuale “crescita” (mio ma soprattutto del network) non va granché lontano. Forse una sorta di check-in “collaborativo” potrebbe contribuire a smuovere le acque, richiedendo il lavoro congiunto di più utenti per deals più sostanziosi.
Sul tenere traccia dei proprio spostamenti, forse l’effetto potrebbe essere persino controproducente e invece di venire presentata come feature io la categorizzerei sotto “rischi e feature-non-feature”. Se ogni volta che scopro un nuovo ristorante lo registro alla meno peggio giusto senza controllare l’esistenza di una venue duplicata solo per segnare la mia presenza su un network che mi funge da “blocco note degli spostamenti”, la qualità del contenuto intrinseco al network non sale di certo.
…non ha sempre una risposta valida
Insomma, il “perché” dietro alle cose non è un trascurabile dettaglio da coprire sotto montagne di hype o qualche buona campagna pubblicitaria.
Costruirlo non significa renderlo appetibile agli utenti. Utenti che sono spesso distratti, poco inclini a imparare nuove dinamiche ma desiderosi di una ricompensa reale e immediata. E che vogliono in un certo senso “bullarsi” compiendo queste azioni insieme alle persone a cui tengono. Come dargli torto?
Ed è anche questo il motivo della recente introduzione delle immagini a supporto dei check-in. Legando un ckeck-in a un contenuto più emozionale del semplice “sono stato qui, e adesso?” le cose scendono nel concreto e diventano molto più digeribili (coinvolgenti) anche per chi, di check-in e deals, non ha mai sentito l’esigenza di interessarsi.
Ridurre il tutto al voler fare check-in perché-così-si-deve-fare per usare questi network, significa prepararsi alla loro prematura dipartita. Superato il periodo di hype (e sì, siamo già ben oltre) devono necessariamente sussistere delle ottime ragioni per voler comunicare al mondo “hey, sono qui” che esulino dai case study fini a sé stessi.
C’è chi sta rincorrendo gli utenti con nuovi stimoli, chi arrivato in ritardo (*coff*, Google) rimedia al tempo perduto mettendosi in pari con tutto quanto riportato qui sopra. Basterà a rispondere alla domanda: “Perché diamine dovrei geotaggarmi stasera al concerto?” 😛
Io devo dire invece che mi sono sorpreso di quanti miei amici di real life ho trovato su FourSquare.
Resto comunque dell’opinione che per un lancio definitvo di un prodotto di questo tipo è necessario Facebook Places, che lo diffonda alle masse, in maniera semplice ed in lingua italiana. E probabilmente non basterà, perchè, comunque, sono dei servizi che mettono a repentaglio la privacy in maniera pesante.
Alcuni esempi?
Ex fidanzati/e che sanno sempre dove trovarti.
Concorrenti che possono sapere da quali clienti lavori (con possibilità di cercare di soffiarteli).
Non che senza questi servizi tali informazioni non potessero essere repiribili, ma dal mio punto di vista meglio non rendere la vita troppo facile agli altri 🙂
A livello di promozione, invece, vedo questo servizio interessante per alcune tipologie di professioni/servizi: locali notturni, palestre, ristoranti… chi si occupa di Public Relation o organizza eventi.
Ma per chi fa un’altra attività (ad esempio ai consulenti, come me e te) che reale valore aggiunto può portare?
@enrico
che ne pensi di google + ?…. sono curioso della tua opinione.
Nell’attesa porgo cordiali saluti
Mi sono iscritto a Google + come Beta Tester, ma non ho avuto il tempo di dedicarmi più di tanto al suo utilizzo.
La mia impressione, per il poco che l’ho utilizzato, è che sia una scopiazzatura di Facebook e non prevedo una sua grossa diffusione tra il pubblico “normale” (spero per Google di sbagliarmi).