4 lezioni che possiamo imparare dal caso World Nutella Day

Reputazione

Social media fail Nutella World Day

Se avessi vissuto sotto a un sasso negli ultimi giorni, la notizia è che Ferrero avrebbe intimato qualche giorno fa la chiusura immediata di tutte le attività connesse al World Nutella Day, iniziativa non ufficiale nata nel 2007 dagli sforzi di Sara Rosso e di parecchi altri volontari.

Un progettino giunto rapidamente a 40.000+ like sulla pagina Facebook e a 7.000+ follower su Twitter.
Soprattutto, un progetto che sostanzialmente promuoveva a tutto spiano Nutella e Ferrero.

E giù quindi la prevedibile valanga di critiche su praticamente ogni social network.

Ieri, il 21 maggio, Ferrero ci ripensa e annuncia: “Siamo fortunati ad avere fan di Nutella così devoti e leali come Sara Rosso.”.

Evviva!
Ora. Cosa ne possiamo trarre? 🙂

C’è da dire che molti brand impazzirebbero per poter raccontare una storia simile. Te lo immagini? Avere fan che impiegano le loro giornate a costruire promozione gratuita per il tuo marchio è il sogno di ogni brand manager. Si scrivono libri a riguardo, ci si dedicano interi report nel capire come muovere questi benedetti influencer. E mica sempre ci si riesce.

Il primo esempio che mi ricordi in tal senso è quello di Coca Cola, la cui iniziale presenza su Facebook (e parliamo di 3.3 milioni di fan al tempo) non fu nemmeno creata dal brand, ma da un paio di fan. Coca Cola li contattò per integrare i loro ruoli all’interno di una promozione, sempre sul social, coordinata con lo stesso brand.

1. Il tuo brand appartiene ai clienti

E in realtà potremmo chiuderla qui.

I tuoi clienti percepiscono il brand come fosse loro: e per questo alcuni cercano di migliorarlo, di comunicarlo al mondo secondo le loro possibilità e inclinazioni. Un altro esempio lampante sono da tempo i ragazzi di Ikea Hackers, che senza prendere un centesimo da IKEA (nè essendone collegati) promuovono variazioni e composizioni “creative” del catalogo del brand.

Questo tipo di fan ti costringe a rapportarti al mondo reale, soprattutto in tempi dove sono i consumatori a controllare buona parte del dialogo. In maniera imprevista, ma non per questo negativa.

2. Agire in maniera distruttiva ti precluderà strade future

Un’altra riflessione è che puoi anche avere (e certamente è così) i mezzi legali per far chiudere ciò che non ti piace, in rete e fuori dalla rete, ma non potrai censurare una naturale espressione di fedeltà al tuo brand per poi tornare in futuro dalle stesse persone con il tuo pallone nuovo a dettare nuove regole.

La vicenda di Ferrero si è conclusa positivamente ma …immagina: quanto sarebbe suonato strano (o semplicemente ingrato) lanciare tra qualche tempo un proprio Nutella party (mondiale o no) dopo averne chiuso uno nato spontaneamente?

3. Le frizioni sono inevitabili

E continueranno ad esserci fino a che l’idea stessa di fan continuerà ad esistere.

Persino la più piccola attività di censura può portare (e probabilmente lo farà) a crisi rilevanti sull’immagine del brand. Non è rilevante solo il danno d’immagine nell’immediato, quanto la minor efficacia di attività future promosse allo stesso pubblico (in questo caso, la rete).

4. Sappi quando fare un passo indietro

E se tutto va male?
Se semplicemente ci siamo sbagliati?

  • Agisci in fretta
  • Ammetti di aver sbagliato
  • Prenditi le giuste responsabilità

È tutto qui. Non cercare di giustificare l’errore dietro disattenzioni o dipartimenti che non si parlano tra loro. È peggio. Piuttosto, rimarca l’ovvio. Ricorda a chi ti sta leggendo l’amore verso i tuoi fan, senza i quali nessun brand potrebbe esistere.

Gestire un brand in rete non è solo complesso perché il mondo evolve costantemente. È complesso perché quando ti rivolgi alla rete abbracci una fetta di fan che tutto sono fuorché passivi. Soprattutto con la varietà di mezzi oggi a disposizione.

Capire dove concedere e dove proteggere sarà per i brand una delle più grandi sfide per i prossimi anni.

foto: chaojikazu

Francesco Gavello

Francesco Gavello

Consulente, formatore e public speaker in Advertising e Web Analytics. Sviluppo strategie di Inbound Marketing per progetti web di grandi dimensioni. Appassionato da sempre di illusionismo, un’arte che ha molto da spartire con il marketing.

3 commenti

  1. Concordo in pieno. Tra l’altro non puoi fare pubblicità puntando sulle emozioni e affini, per poi censurare iniziative che proseguono su questo binario. E’ come dire: “La mia comunicazione con i consumatori è solo uno specchietto per le allodole. Noi siamo grandi, siamo forti, abbiamo avvocati che ti possono rovinare. Giu’ le mani e stai al tuo posto. Compra e basta”.
    Complimenti per l’articolo e speriamo che le aziende italiane progrediscano nella loro comunicazione on-line. Anche perché la crema di nocciole la si può fare anche a casa, senza tanto clamore.

  2. Che la rete possa influenzare e fare modifare il comportamento delle aziende è assodato, ma non sembrerebbe!
    Abercrombie, negli USA, ha dovuto modificare il suo atteggiamento (vd.http://boingboing.net/2013/05/15/help-make-abercrombie-and-fitc.html).

    Come “risoluzione” del caso da parte della Ferrero, avrei forse usato nella risposta un tono più caldo/vicino, oserei dire più sincero (magari rilanciando con una campagna di Sara Rosso!)