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Il marketing B2B, quello fatto bene

Attività ADV per il B2B
@emojoez/Depositphotos.com

Sul fare marketing nel B2B si scrive parecchio.
Prima di iniziare, facciamo chiarezza sui termini.

Con i termini B2C e B2B si descrivono sostanzialmente due tipi di settori. Il primo, B2C o Business-to-Client, racchiude le aziende i cui interlocutori principali sono clienti finali. Il bar sotto casa, per esempio. Quello che ti serve un caffè ogni mattina prima di entrare in ufficio. Nel secondo caso, con B2B o Business-to-Business si indica quel settore che vende prodotti o servizi ad altre aziende. Il fornitore della macchina da caffè espresso per il tuo bar preferito.

Anche se verrebbe quasi voglia di identificarli come lati di una stessa medaglia, oggi molte aziende coprono in modo più o meno marcato entrambi i settori, dialogando tanto con l’utente finale quanto – salendo verso l’alto – direttamente con i reparti commerciali di altre aziende. Tutte le volte che hai incrociato su un sito un link nel menù che recitava “Per le aziende” o un “Piano Enterprise” in qualche modo ti sei trovato di fronte a una di queste.

Quando parliamo di advertising, eccellere in un ambito non significa automaticamente poter specchiare le stesse strategie nell’altro. O di aspettarsi gli stessi risultati, nello stesso tempo.

Oggi vorrei raccontarti il perché.

Cosa cambia nel B2B

Per prima cosa, tutto parte anche in questo caso dalla nostra capacità di comprendere che tipo di cliente abbiamo di fronte. Se quando parliamo di B2C possiamo avere alcune idee (più o meno corrette) in partenza, perché magari abbiamo vissuto il particolare contesto come clienti altrui, in ambito B2B è assolutamente vincolante comprendere cosa muove davvero il nostro interlocutore.

Motivazione

La motivazione, prima di ogni altra cosa, è diversa.

In ambito B2C vendiamo a persone mosse da una necessità personale. Tocchiamo (non solo) le corde del legame emotivo e della riprova sociale per avvicinare il nostro brand e i suoi prodotti alle persone. Quando parliamo di B2B alla soddisfazione personale si sostituiscono dinamiche più fredde, che ruotano intorno al miglioramento delle performance di un’azienda. Razionalità e strategia interna guidano le scelte delle persone che incrociamo. Le più semplici dinamiche di riprova sociale resistono, ma hanno bisogno di specificità e numeri.

Dimensione del mercato

A questo si aggiunge una riflessione per nulla banale: i numeri non sono gli stessi. Sempre usando l’esempio del caffè è ben diverso vendere il prodotto “cialda da caffè” lavorando sulla pancia delle persone (il gusto, l’esclusività, l’elitarietà del marchio) piuttosto che vendere macchine da espresso a imprenditori che ti guardano dall’alto dei loro occhiali a mezzaluna 🙂 intenti a calcolare costi e benefici di un’investimento di ordine ben diverso.

Nel primo caso (B2C), puoi colpire migliaia di utenti al giorno, tutti potenzialmente pronti allo stesso modo ad acquistare il tuo prodotto. Nel secondo (B2B) avrai a disposizione un ristretto parco aziende – un migliaio di aziende al trimestre? – di cui solo una parte realisticamente pronte ad approfondire la tua proposta commerciale.

Numero di interlocutori

Se da un lato si riduce la dimensione del mercato, dall’altro cresce il numero di interlocutori per singola azienda. In ambito B2B non esiste un unico decision maker in grado di prendere – più o meno in fretta – la decisione finale. Esiste invece un processo fatto di più persone e di più passaggi in cui la tua proposta commerciale si rafforza sino a diventare vendita. O perde l’energia iniziale e viene dimenticata in fretta.

A quante persone devo chiedere il permesso per acquistare online una fornitura di cialde per caffè espresso lungo decaffeinato? Una. Me stesso. Raramente si incrocia un solo interlocutore con il pieno potere decisionale in ambito B2B.

Lunghezza del processo d’acquisto

Anche il processo d’acquisto si allunga proprio perché la scelta non è mai guidata dall’emotività. Servono più stadi intermedi per capire a) chi è il brand, b) perché dovrei fidarmi e c) come il tuo prodotto può migliorare la mia azienda numericamente parlando.

Quando parliamo di B2B parliamo di aziende che compiono scelte più impegnative. Che limitano, implicitamente, alternativi scenari futuri. Che valutano ritorni su quell’investimento e, in ultima analisi, di scelte da cui non ci si può ritrarre con troppa rapidità.

Tono del messaggio

Così, cambia anche il tono.
Naturalmente, cambia anche il tono.

Se da un lato, parlare a clienti finali con un tono amichevole di livello intermedio (quando non del tutto entry level) può aiutare l’azienda a parlare la lingua dei suoi clienti, appena sostituiamo ancora una lettera e ci troviamo in ambito B2B alle aziende servono informazioni tecniche. Servono white paper e documenti operativi. Rassicurazioni su aspetti che le aziende conoscono bene e che si aspettano siano compresi da chi offre il prodotto o servizio.

Le attività di content marketing non diventano noiose ma diventano specializzate e conducono per mano una serie di interlocutori diversi, su media diversi, stadio dopo stadio, attraverso il percorso di avvicinamento al tanto agognato contatto commerciale.

Conosco la strada

Così, tutte le volte che parlando di B2B sento qualcuno rispondere a un cliente – più o meno a bruciapelo – con una strategia ADV in tasca mi viene in mente il compianto Denholm Elliott nei panni del Dr. Marcus Brody al termine di Indiana Jones e l’ultima crociata, che al grido di “Seguitemi, conosco la strada!” spronava al galoppo il suo cavallo, attaccato alla meno peggio al puledro senza controllo.

Fare advertising in ambito B2B richiede un approccio specifico, diverso e complementare da quanto già in atto in ambito B2C. E per fare ciò è richiesta, ancora una volta, una meticolosa conoscenza degli strumenti e del loro peso in una strategia più ampia.

Perché punto, dicevamo, è che raggiungere le persone giuste in ambito B2B è ancora più complesso. Ma alla fine, bisogna dirlo, è anche uno dei segmenti più interessanti in cui lavorare. 🙂

Francesco Gavello

Francesco Gavello

Consulente, formatore e public speaker in Advertising e Web Analytics. Sviluppo strategie di Inbound Marketing per progetti web di grandi dimensioni. Appassionato da sempre di illusionismo, un’arte che ha molto da spartire con il marketing.

4 commenti

  1. E’ una buona lista di differenze da tener conto tra b2b e b2c.
    Quella che non salta subito all’occhio, almeno a me quando tratto col cliente b2b è il numero di interlocutori: spesso ci sembra di dover convincere una persona, ma effettivamente gli interlocutori sono quasi sempre più di uno!

  2. Sono d’accordo con la sua analisi … lavorando prettamente in ambito B2B ritengo sia molto stimolante anche se spesso la vera capacità consiste nel bilanciare la qualità del tempo e il cliente che ci si trova di fronte. Cosa non sempre di facile realizzazione