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Carrelli, abbandoni e liste dei desideri

Desideri

Il tuo carrello viene usato come una lista dei desideri?
iStock.com/hidesy

Secondo uno studio rilanciato dal Baymart Institute e in primo luogo sviluppato da Fireflick, nel 2014 il tasso di abbandono medio del carrello di un e-commerce è stato pari al 62.3%.

Sei utenti su dieci lasciano il tuo carrello dopo averlo riempito amabilmente di prodotti e, forse, aver avanzato più o meno a lungo tra i diversi step verso l’acquisto. Ouch.

Se scaviamo più a fondo, un altro ottimo report di Statista ci mostra come la motivazione di questo abbandono non sia sempre così scontata. Ci torniamo tra un attimo.

Apriamo una parentesi: quanto tempo passa dal momento in cui ci rendiamo conto di voler acquistare un prodotto su un qualunque e-commerce e la vera, ultima, conclusione del nostro ordine? Quante trappole e indicazioni contro-intuitive riescono a seminarci sulla strada?

Si potrebbe dire che Amazon, su questo fronte, stia lavorando parecchio.
Ne abbiamo già scritto in passato, parlando di click utili.

Forse, il problema è nel carrello stesso.
Forse quel numero non è così indicativo. Non in senso assoluto.
Forse gli utenti usano il carrello in modo diverso da come ci aspettiamo.

I wish upon a star

Prendiamo le Wishlist, le liste dei desideri.
Il tuo e-commerce ne ha una?

Se torniamo al report di Statista, le motivazioni per l’abbandono di un carrello girano intorno a temi piuttosto noti:

  • la presenza di costi inaspettati
  • l’aver recepito un prezzo minore altrove
  • una spesa globale troppo alta
  • la presenza di nuove informazioni che pregiudicano l’acquisto

(più una gustosa serie del tipo “il sito è rotto, non potevate consegnarmelo, non mi fido e ci mettete troppo”)

Verrebbe da dire che forse una percentuale così alta di abbandoni del carrello non dipenda sempre e comunque da una mera questione di prezzo o di credibilità. Forse, il carrello stesso è usato più come contenitore temporaneo di idee e spunti all’acquisto che come vero ultimo degli step prima di estrarre il portafoglio.

Invece, spesso assegnamo al carrello semplicemente un compito di servizio, non più legato a un processo decisionale. Ma così, a conti fatti, non sembra. Non si spiega, altrimenti, la distribuzione di tutte le motivazioni poco sopra.

Quanto spesso hai usato un carrello semplicemente per valutare il prezzo finale del tuo ordine, e scoprire se ci fossero o meno spese aggiuntive? O se potessi usare un promo-code? O per monitorare un probabile calo di prezzo nel tempo? O ancora, per capirci qualcosa del sito stesso, per quello che competeva il tuo solo acquisto?

Laddove manca una lista dei desideri degna di questo nome, è il carrello il surrogato più appetibile.
E gli abbandoni al carrello, in quella percentuale così terrificante, iniziano a significare tutt’altro.

C’è un progetto su cui sto lavorando ultimamente che segue esattamente questa filosofia. È un e-commerce, nel settore arredamento, i cui prodotti di design oscillano agevolmente tra le svariate migliaia di euro. Non qualcosa che si possa acquistare di pancia insomma. Spesso, men che meno riuscire effettivamente a pagarli con una carta.

L’obiettivo è stimolare un contatto, portando l’utente in Showroom. Così, ecco che una Wishlist aiuta, laddove un intero carrello non potrebbe, ad avviare un discorso consulenziale. Ad avviare un discorso di pre-vendita. Inizia a infilare i prodotti nella tua lista dei desideri e, se vuoi, faccelo sapere. Poi ne parliamo.

Associa il tutto a una buona strategia di Remarketing e hai in mano uno strumento potente.

Non sempre è possibile abbattere del tutto la distanza tra l’affermazione “Lo voglio!” e l’effettiva conclusione di un ordine. Non sempre è saggio, allo stesso modo, considerare il carrello come la precisa volontà di procedere con l’acquisto. Non sempre il carrello stesso è solo uno step funzionale alla vendita ma fa ancora parte del processo decisionale più intimo.

Spesso, molto più spesso, quello che manca è qualcosa di intermedio.
Come una lista dei desideri.

Francesco Gavello

Francesco Gavello

Consulente, formatore e public speaker in Advertising e Web Analytics. Sviluppo strategie di Inbound Marketing per progetti web di grandi dimensioni. Appassionato da sempre di illusionismo, un’arte che ha molto da spartire con il marketing.

2 commenti

  1. Si usa normalmente il carrello per verificare il prezzo finale e le modalità di pagamento che non sono mai chiare, un esempio e il contrassegno che molte società di e-commerce non gradiscono e non prevedono, o lasciano tale opportunità nascosta alla fine della procedura. Al contrario molti clienti preferiscono questa modalità che permette il pagamento senza carte di credito e scoperto questo solo alla fine della procedura di acquisto vi rinunciano lasciando i carrelli senza svuotare in cerca di altre opportunità!

  2. Ritengo che sempre più spesso, il carrello, abbia assunto una funzione diversa della solita “vai alla cassa, con i soldi già pronti”. Piuttosto come dicevi tu sopra, chi usa il carrello, sta in realtà ancora decidendo se comprare o meno.

    Spesso io uso il carrello per diversi motivi:

    1) carpire il totale, quindi avere chiara e lucida la spesa che eventualmente affronterò
    2) riflettere se acquistare o meno, senza troppe incursioni esterne che non mi lasciano concentrare
    3) avere un ambiente più rilassante e intimo, in cui trovare anche importanti informazioni sulle rese, sulla spedizione e su eventuali costi aggiuntivi

    Ottimo, come sempre. 🙂