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Il senso del fare blog marketing

Tre strade. Sul serio.

Come migliorare la strategia editoriale di un blog
©Alex Brylov/Shutterstock.com

Ti hanno detto per anni che dovevi avere un blog e usarlo per fare marketing. Che dovevi scrivere e continuare a scrivere e rimanere al passo con l’evoluzione della tua nicchia.

Ti hanno spiegato che un blog serviva per parlare al cuore dei tuoi clienti.
A rendere espliciti i tuoi sforzi.
A costruire e veicolare leadership.

Perché in un mondo senza i blog, i blog non servono. Ma in un mondo in cui esistono – e oggi esistono e i tuoi lettori, là fuori, li leggono – averlo un blog e essere stato in grado renderlo efficace non è un opzione.

Così hai lanciato il tuo blog.
Finalmente è arrivato il momento di scriverci sopra.

E qui arriva il bello. Perché in molti confondono l’idea del fare marketing attraverso un blog con aspetti di ordine più pratico – la scelta del layout, la forma degli articoli – invece di concentrarsi sulla visione globale. Progettare un blog che, come strumento, sia in grado di contribuire in maniera organica alla visibilità in rete di un progetto complesso.

A cosa punta il tuo articolo?

Il succo di un blog è quello di presentare contenuti, giusto? Uno dei metodi che uso più spesso per spiegare ai miei clienti il vero senso del fare blog marketing è dividere su specifici fronti i tipi di articoli che possono scrivere.

Non parlo di strumenti (quelli arrivano subito dopo). Nè della forma stessa che dovranno assumere i contenuti (che riguarda lo stile e dipende dal tono del progetto). Non parlo neanche della strategia per raccogliere valore in azienda da convertire in contenuti.

Tutto ciò che puoi scrivere sul tuo blog dovrebbe sempre essere guidato da tre grandi motivazioni.

1. SEO – Vuoi essere trovato

È quel tipo di articolo per cui puoi spendere tanto tempo nel definire parole chiave e ricercare la giusta sfumatura del tema quanto nell’effettiva stesura finale. Può essere un contenuto pilastro – fatto per essere linkato nel tempo – o una breve pillola su un tema caldo.

Quando scrivi il tuo articolo con uno specifico occhio alla SEO sai che stai lavorando per posizionare il tuo contenuto agli occhi di un motore di ricerca. Per ottenere traffico. Prima di ogni altra cosa. E no, non è scontato.

2. Branding – Vuoi aumentare la percezione

In alternativa, stai lavorando a un contenuto il cui scopo principale sia quello di rafforzare te stesso e il tuo brand. In cui precise sfumature in ciò che dici e come lo dici aiuteranno il lettore a muoversi meglio tra i tuoi prodotti o a avere più familiarità con i tuoi servizi.

Può trattarsi di contenuto maggiormente riflessivo e meno “utile” nell’immediato. Ma questo è esattamente lo scopo: conquistare un angolino nella mente del lettore fino a quando non si manifesterà un’esigenza specifica.

3. Upselling – Vuoi vendere a chi ha già comprato

Stai parlando direttamente a un cliente. Forse è una lead guadagnata solo alcune settimane fa, forse un cliente storico che torna da te per semplice abitudine di tanto in tanto. In entrambi i casi hai bisogno – con un po’ di creatività – di ricordare loro quanti e quali prodotti siano ancora disponibili.

Spesso siamo restii a sviluppare veri e propri articoli impostati con la logica dell’upselling. Eppure, ricordare alla propria base di clienti tutto ciò che hanno o non hanno acquistato da noi è il solo modo per cogliere un interesse spesso neanche troppo latente.

Equilibri

Naturalmente, ciascuno dei tre fronti colpisce utenti diversi in diversi momenti all’interno del loro ciclo di acquisto. Allo stesso modo lo stesso articolo trova la propria direzione finale come equilibrio tra questi diversi “magneti”: un post spiccatamente SEO conterrà comunque logiche di branding e potrà rivolgersi a prodotti o servizi.

Dall’altro lato un post rivolto a fare branding potrà (quasi) fare a meno di spingersi su accorgimenti SEO più o meno forzati. Un post mirato all’upselling dovrà ben essere trovato (ergo, avere la sua carica SEO) e potrà per il momento tralasciare aspetti di branding.

Non esiste una formula precisa. Non esiste una rapporto ideale da seguire nello scrivere con un occhio alla SEO, al branding o all’upselling. Sapere che questi tre fronti esistono e muovono continuamente la nostra percezione è ciò che serve davvero.

Su quale fronte dirigerai il tuo prossimo articolo?

Francesco Gavello

Francesco Gavello

Consulente, formatore e public speaker in Advertising e Web Analytics. Sviluppo strategie di Inbound Marketing per progetti web di grandi dimensioni. Appassionato da sempre di illusionismo, un’arte che ha molto da spartire con il marketing.

3 commenti

  1. Secondo me 9 blog su 10 vengono aperti per essere trovati sui motori di ricerca. Poi magari col tempo diventano altro. I blog personali sono su Blogger e a livello di contenuti (purtroppo) si trova più qualità nei post delle pagine su Facebook piuttosto che nei blog personali della gente.

  2. Sono d’accordo con il fatto che “non esiste una formula precisa”: è bene bilanciare tutte le opzioni disponibili.
    Poi se dovessimo analizzare la qualità dei contenuti, come afferma il ragazzo nel commento precedente, sono d’accordo sulla qualità sempre più bassa (articoli scritti solo per fare SEO… superflui e senza valore) ma permettimi di dissentire sull’affermazione FB!
    Nei blog l’80% delle volte ci si trova davanti a contenuti pessimi ma… su Facebook c’è una totale disinformazione e caccia alla “vendita a tutti i costi” con messaggi forvianti, inopportuni e spesso ingannevoli.
    Un brutto posto il social 😀 (ma è essenziale.. sia chiaro)

  3. Io penso che il 90% dei blog italiani siano spinti dal seo, il restante 10% se lo contendono branding e upselling, anche se quest’ultimo in italia è davvero molto poco sentito.